destionegiorno
Sono un ex insegnante di scuola media (di francese) , e vivo nella cittadina in cui sono nato (a quindici chilometri a nord-est di Napoli) . Da giovane scrissi un centinaio di poesie (quasi tutte adesso da buttare) in versi liberi (e qualcuna anche quasi ermetica) , ma poi, dopo un letargo poetico ... (continua)
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«Ho scritto "buon Baudelaire" non per un mio arbitrio, ma considerando ciò che di lui pensava il critico Sainte- Beuve ("E' un bravo ragazzo") . Inoltre, vorrei precisare che, per una migliore lattura della poesia, il cognome del poeta è da considerarsi bisillabico nella pronuncia (Bod- lèr): la lingua francese permette pronunce diverse di molte parole con le "e" alla fine di una sillaba, a seconda che queste "e" vengano ritenute mute (come nel mio caso) o con suono indistinto (quindi lo stesso cognome potrebbe essere letto anche quadrisillabico) . Soprattutto nei testi delle canzoni si usa porre un apostrofo al posto della "e" quando si vuole che essa resti muta (come, tanto per fare un esempio, in Léo Ferré: "La lun'c'est pas si loin / Suffit d'y mettr' l'échelle", in "La grande vie", invece di "La lune c'est pas si loin / Suffit d'y mettre l'échelle") .» |
Inserita il 01/07/2012 |
Antonio Terracciano
Dovette assai soffrire il buon Baudelaire
quando gli correggeva una poesia
l’editore, dicendo che "dans l’air"
del nuovo ormai spirava la malia.
E nella crisi di valori e miti
che fu quel calderone d’Ottocento,
Baudelaire, per perpetrare i propri riti,
fu costretto ad andare controvento.
Il tempo però poi, rapidamente,
seppe dargli ragione duratura:
ai classici l’aggiunse immantinente,
per quell’opera sua preziosa e pura. | 


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«"Alphonse Calonne, il direttore della ‘Revue contemporaine‘, modificava la punteggiatura e persino le parole delle sue poesie, ritenendole imprecise" (Giuseppe Montesano, "Il ribelle in guanti rosa", ed. Mondadori, pag. 201) .
"A distanza di più di un secolo, le forme lise - e forse anche un po’ ‘meschine’ - di Baudelaire reggono l’urto del tempo molto meglio di quella lirica assai penosa - ‘Accroupissements’ - che Rimbaud accludeva alla ‘lettera del veggente’ quale esempio della sua nuova pratica del verso" (Roberto Calasso, "La Folie Baudelaire", ed. Adelphi, pag. 286) .» |
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